Progettualità e futuro nel Rapporto nazionale sull’economia circolare 2023

L’aggiornamento sullo “stato di salute” dell’economia circolare in Italia è stato presentato a Roma il 16 maggio scorso con l’edizione 2023 a cura del Circular Economy Network in collaborazione con ENEA e con il patrocinio della Commissione Europea, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. I lavori sono stati aperti da Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e hanno partecipato, tra gli altri, Edo Ronchi, Presidente Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Roberto Morabito, Direttore Dipartimento sostenibilità sistemi produttivi e territoriali ENEA, Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Barbara Clementi, Dirigente Divisione Economia Circolare, DG per la politica industriale, l’innovazione e le piccole e medie imprese, Ministero Imprese e Made in Italy, Katia Da Ros, Vicepresidente Ambiente – Confindustria, Stefano Ciafani, Presidente Legambiente, Giorgio Graziani, segretario Confederale CISL.

Circolarità

In evidenza, tra i dati più significativi, c’è la diminuzione del tasso di circolarità nell’economia mondiale che negli ultimi cinque anni è passata dal 9,1% al 7,2. L’Italia conserva il suo posto di Paese più circolare d’Europa ma negli ultimi cinque anni sta perdendo posizioni mentre altri Stati accelerano. Il tasso di utilizzo circolare dei materiali in Italia è al 18,4%, il più alto della media UE (11,7% nel 2021, ultimo dato disponibile), ma era 20,6% nel 2020 e 19,5% nel 2019. Per la produttività delle risorse l’Italia è – insieme alla Francia – davanti alle altre principali economie europee con 3,2 euro generati per ogni kg di materiale consumato e in testa con il 72% anche nella percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, speciali e urbani. La classifica complessiva di circolarità nelle principali cinque economie dell’Unione europea (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna) è basata su sette indicatori: tasso di riciclo dei rifiuti, tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo, produttività delle risorse, rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali, quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia, riparazione, il consumo di suolo.  Dato che l’economia globale brucia oltre cento miliardi di tonnellate di materiali l‘anno, accelerare la transizione all’economia circolare contribuirebbe a migliorare le condizioni ambientali poiché l’estrazione di materiale vergine potrebbe diminuire di oltre un terzo (-34%) e le emissioni di gas serra si ridurrebbero contenendo l’aumento della temperatura globale entro i 2°C e salvaguardando insostituibili ecosistemi fondamentali per la vita del Pianeta, ma anche portando consistenti benefici economici (le strategie mirate al recupero di materia ed energia hanno un comprovato effetto deflattivo).

Rifiuti ed energia

La percentuale di riciclo dei rifiuti nel 2020 è stata del 53% in Europa e del 72% in Italia, uno dei tassi di riciclo più alti nell’UE. Rispetto alle altre principali economie europee, l’Italia nel 2020 ha consolidato il suo primato, superando di circa 17 punti la Germania. Il tasso di crescita negli ultimi dieci anni è invariato per l’UE, mentre è salito di +8% in Italia e +3% in Spagna. Per quanto riguarda i valori pro capite, è prima l’Italia con ben 969 kg/abitante l’anno avviati a riciclo, seguono Germania (921), Polonia (726), Francia (625) e Spagna (472). Meno positivo per il Belpaese l’andamento del tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo (il rapporto tra l’uso circolare di materia e l’uso complessivo, cioè da materie prime vergini + materie riciclate). Nell’UE nel 2021 questo valore è stato in media dell’11,7%, – 0,1% rispetto al 2020. Per la prima volta l’Italia nel 2021 ha subito un calo, attestandosi al 18,4% (2,2% in meno rispetto all’anno precedente), perdendo il primato tra le cinque principali economie europee, superata dalla Francia, in testa con 1,4 punti % in più. Nel 2021 in media, in Europa, a parità di potere d’acquisto, per ogni kg di risorse consumate vengono generati 2,1 euro di PIL. Anche per questo indicatore l’Italia (-7% nell’ultimo biennio) è stata raggiunta dalla Francia: ambedue sono a 3,2 €/kg. Seguono Germania (2,7 €/kg) e Spagna (2,6 €/kg), mentre staccata è la Polonia (0,8 €/kg).

L’Italia che ripara

Nel 2020 l’Italia, con quasi 24.000 aziende che svolgono attività di riparazione, è al terzo posto tra le cinque economie più importanti d’Europa, dietro alla Francia (35.300 imprese) e alla Spagna (29.100). Negli ultimi dieci anni, però, le nostre aziende sono diminuite: 2.622 in meno rispetto al 2011, quasi -10%. Calano anche in Polonia, mentre crescono in Spagna, Francia e Germania. Se si considera il valore della produzione generato dalle aziende, in Italia supera i 2,1 Mld€ (+122 M€ circa rispetto al 2011), dietro alla Francia (4,5 Mld€), a pari merito con la Spagna e davanti alla Germania (2 Mld€). Gli addetti nelle imprese di riparazione operanti in Italia nel 2020 sono quasi 10.800 (in calo di circa 1.500 rispetto al 2019 e di 2.300 circa sul 2011), mentre Germania, Spagna e Francia impiegano un numero di addetti più che doppio rispetto all’Italia.

Materie prime

“L’Italia importa oltre il 99% di materie prime critiche, mostrando una dipendenza dall’estero ancora più drammatica di quella europea – ha sottolineato Roberto Morabito, direttore del Dipartimento ENEA di Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali – Questi materiali sono fondamentali per le filiere hi-tech più legate alla transizione energetica, circolare, digitale e alla qualità della vita in generale. A seguito delle emergenze degli ultimi anni, la richiesta di materie prime a livello globale si è bruscamente impennata, così come il loro prezzo, determinando un aumento del rischio di approvvigionamento con conseguente impatto negativo sulla competitività delle nostre filiere produttive, che rappresentano oltre il 30% del PIL nazionale. Per un Paese come l’Italia, decisamente più povero di materie prime rispetto ai principali competitor, è ineludibile puntare sulla circolarità, dall’eco-design dei prodotti al recupero e riciclo, sfruttando le nostre miniere urbane, che sono la fonte potenziale di materie prime critiche più prontamente accessibile”.

Come stanno cambiando i consumi in Italia

Quest’anno il rapporto è accompagnato da un’indagine Legacoop-Ipsos sugli stili di consumo, che conferma l’interesse degli italiani per l’economia circolare. Il sondaggio è stato illustrato da Mattia Granata, Centro studi Legacoop, con Simone Gamberini, Presidente Legacoop, che hanno dialogato delle scelte dei consumatori con Marco Frey, Professore ordinario di Economia e gestione delle imprese, Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa. Tra i dati più interessanti emersi si segnala che il 45% degli intervistati negli ultimi 3 anni ha acquistato un prodotto usato, il 36% un prodotto rigenerato o ricondizionato. La sharing economy piace ai giovani: nella fascia di età 18-30 anni emerge infatti una predilezione per leasing, noleggio o soluzioni in condivisione (+ 10-11%). Gli under 30, però, sono i più scettici circa le proposte per incentivare un approccio più circolare alle scelte d’acquisto e hanno poca fiducia nella capacità di migliorare la governance del settore. Inoltre, l’80% delle persone intervistate pensa che ridurre il packaging sia molto importante.

Considerazioni

Il difficile contesto internazionale dell’ultimo anno, segnato dalla guerra in Ucraina, ha reso ancora più evidente la necessità per l’Europa e per l’Italia di velocizzare la transizione verso l’economia circolare, per ragioni non solo di carattere ambientale ed economico, ma anche geopolitico. “Occorre accelerare, anche per combattere l’inflazione: se il costo delle materie prime e delle risorse aumenta, la circolarità è una risposta concreta alla crisi – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular economy network (CEN) – In particolare, come Circular Economy Network, chiediamo di rispettare il cronoprogramma di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare e recepire tempestivamente le misure europee, rafforzare il sostegno alle imprese, prevedere misure di fiscalità ecologica nella legge delega. È necessario inoltre sviluppare l’economia circolare delle materie prime critiche, garantire la realizzazione degli impianti previsti dal PNRR, accelerare i tempi di realizzazione degli impianti di riciclo e dei progetti faro già finanziati, per colmare il gap tra Centro-Sud e Nord e garantire un’adeguata dotazione impiantistica. Sui rifiuti è essenziale dare piena attuazione al Programma nazionale di gestione dei rifiuti, aggiornare entro fine anno i Piani regionali per raggiungere gli obiettivi di riciclo e riduzione dello smaltimento in discarica previsti dalle direttive UE, accelerare e semplificare le normative sull’End of Waste, sviluppare la simbiosi industriale, nonché adottare il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti”.

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www.circulareconomynetwork.it